domenica 27 dicembre 2015

Cracovia- diario di viaggio: la città vecchia (IV giorno)

cracovia

La giornata inizia con le Lamentazioni: che non sono brani di preghiera tratti dall'omonimo libro della Bibbia, ma una serie di lagne una via l'altra della creatura che, puntuale come ogni anno, intorno al quarto- quinto giorno di viaggio, timbra il cartellino del "datemi-una-spiaggia-come-tutti-i-miei-amici". Stavolta ci delizia con un pezzo nuovo, "di stellati non ne voglio più", prendendosela con il ristorante di ieri sera e da lì a ritroso con tutti i posti in cui l'abbiamo portata negli anni, dove "bisognava star composti, vestirsi bene, parlare a bassa voce e non usare il cellulare a tavola".



Rispondo che le prime due clausole sono previste anche alla mensa di casa sua e scateno l'inferno (pare che  la categoria di "tutti-i-miei-amici" possa usare le sedie a mo' di triclinio, facendo del tavolo della cucina la sede operativa dello smistamento degli sms della giornata, "ma loro sì che hanno dei genitori intelligenti"). La salvano l'esperienza della consuetudine (la fase acuta dura poche ore) e le sette del mattino: a Genova, la provvidenza che sorveglia il nostro condominio ci ha dotato di vicini sordi, a Cracovia non si sa: e, nel dubbio, meglio dirottarla a far colazione, che con la bocca piena di cupcakes ci si lamenta peggio.

Cracovia Barbacane

Sono le otto del mattino e già fremo: nei diari di viaggio di chi a Cracovia c'è già stato ci si raccomanda forte e chiaro di essere all'ingresso della biglietteria del castello con ampio anticipo, rispetto all'apertura, causa un numero di ingressi limitato, e comunque insufficiente a soddisfare tutti gli aspiranti visitatori in coda. "alle otto è già tardi", aveva scritto qualcuno e tanto è bastato per mettermi in uno stato di agitazione da quel momento in poi. Tant'è che, nonostante la breve distanza, prendiamo pure un taxi per arrivare prima. E quando finalmente entriamo, è come essere nel deserto. Non c'è un tubo di nessuno, neanche a guardarlo col binocolo. "Sta' a vedere che è chiuso"- penso, mentre mi affretto verso la biglietteria. Tutto regolare, invece- e non dobbiamo neppure attendere troppo, visto che nel giro di mezz'ora dovrebbe funzionare tutto quanto. E così, mi rassegno felice a una fila che non c'è, approfittando dell'attesa per aggiornare il diario di viaggio, mentre il marito e la figlia scattano foto qua e là. 


Il centro storico di Cracovia consta di due nuclei: di qui, il Castello, sulla collina del Wawel, di là il centro storico vero e proprio, svluppato intorno alla grande piazza del mercato. Due sono le chiese principali, la cattedrale, all'interno del castello e la Basilica di Santa Maria, sulla piazza della città vecchia, secondo una struttura urbanistica tipica di molte città dell'est, Praga su tutte. Rispetto alla capitale ceca, però, è tutto in scala ridotta e, relativamente al castello, di minore importanza sotto l'aspetto artistico, se non anche architettonico. Purtroppo, il criterio della visita è la parcellizzazione, nel senso che si paga l'ingresso non solo ad ogni singolo monumento, ma in certi casi anche ad ogni singola sala, il che, ancor prima di irritare, confonde. Noi sapevamo di non dover perdere gli Appartamenti di Stato e gli Appartamenti Reali, per esempio, ma nessuno ci aveva informato che anche alcune sale della cattedrale sono a pagamento: morale, una volta arrivati sulla soglia, era impossibile tornare indietro a fare i biglietti (la fila si è formata pochi minuti dopo il nostro arrivo e quando siamo usciti arrivava fino ai piedi della collina): e così, ci siamo dovuti accontentare della "spesa" fatta alla cassa principale, cercando di non prendercela più di tanto "che intanto abbiam detto che ci ritorniamo, no?"


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Sempre in riferimento ai diari di viaggio, una loro costante, a proposito degli appartamenti del castello, era stato l'impietoso confronto dei loro interni con quelli dei castelli italiani. "Carini, ma nulla di che" era il giudizio finale di molti viaggiatori, dopo aver passato in rassegna gli arredi delle varie sale con le bellezze d'Italia e da questo punto di vista, come è ovvio, non si può che convenire. Solo che noi, da tempo immemore, abbiamo smesso di metterci in questa prospettiva: non solo perchè, di questo passo, finiremmo per non muoverci da casa ma anche perchè l'esperienza "sul campo" ci ha insegnato a guardare con gli occhi del popolo che di queste opere è stato l'ispiratore e l'artefice. in questo modo, scopriamo ogni volta cose nuove, che ci piacciono e ci emozionano e-soprattutto- ci parlano in modo vivo e personale di una cultura che, tanto o poco che sia, è comunque diversa dalla nostra: e tanto basta per farci apprezzare i posti dove siamo e le bellezze che li circondano. 


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Gli Appartamenti Privati e quelli di Stato non si sottraggono a questa regola: di conseguenza, alla fine della visita, siamo davvero soddisfatti. Dei primi, ci sono piaciuti i fregi alle pareti, specie quelli "edificanti", in cui, col pretesto di esaltare le virtù, si indulgeva a rappresentare tutti i vizi. La pittura del Nord è molto più realistica e disinibita di quella italiana, complice una maggiore distanza, non solo logistica, dalle influenze della Chiesa cristiana prima e cattolica poi ed anche la cattolicissima Polonia,almeno nelle stanze private, si scopre più sensibile al fascino del realismo che non a quello dell'allegoria. In più, il pittore era pure bravo, per cui la resa di certi gesti, certi sguardi e certi dettagli è davvero efficace e rivela un gusto per il ritratto che per immediatezza ed impatto si avvicina al bozzetto ed alla caricatura. Ci sono poi le pattezzerie originali, in cuoio intarsiato, che ancora rivestono le pareti di molte stanze e che, qui più che altrove, restituiscono ai visitatori di oggi le atmosfere delle ambientazioni di allora. 

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Degli Appartamenti di Stato, invece, ci è piaciuta sommamente la guida. Abbiamo avuto la fortuna di incappare in una deliziosa signora polacca, col pallino dei gabinetti. Non so se fossero tappe obbligate del tour, i cessi reali dalle origini ai giorni nostri, ma a noi non ne è sfuggito uno. Anche perchè hai voglia a dir di no, di fronte all'orgoglio con cui la signora ti descriveva la vasca da bagno del primo ministro o il buco di pietra dove si erano appoggiati i sacri lombi di generazioni di re e regine o i fregi di una porta dietro la quale- indovinate un po'- un tempo "there was a wonderfull toilet". "Tappati il naso e pensa alla Polonia" è stato quindi il nostro motto, grazie al quale abbiamo resistito impavidi fino alla fine- e pure mantenendoci seri, per tutto il tempo. 

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"C'era una volta un drago": così ci piace pensare che inizino tutte le favole per i bambini di Cracovia. Perchè il drago è il simbolo della loro città e la drago è legata la leggenda più famosa della città, cheà racconto alla creatura mentre passeggiamo per i viali del castello, alla ricerca di una toilet che non sia patrimonio di stato. 
"allora, c'era una volta un drago- o meglio, c'era una volta un re, che si chiamava krak e aveva una figlia che si chiamava..."
"eroina"
Da lì in poi, ha provato a giustificarsi, dicendo che sapeva già che avrebbe sposato un eroe e quindi per forza di cose, la moglie dell'eroe è l'eroina e che "ora finisce che ti lamenti perchè sono intelligente": stavolta, la salvano i bagni, che finalmente appaiono all'orizzonte, quando ormai si è fatto tardi per tutto, anche per il seguito del racconto. Che comunque, finisce che l'eroe sposa la figlia del re. Come aveva predetto la creatura, insomma...
(segue)

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