giovedì 5 agosto 2010

Le ricette della suocera- il Patè di carne alle noci

patè di carne alle noci

Questa è, in assoluto, la ricetta della suocera che preferisco, quella che le commissiono ogni volta, quella da porca figura doc. E lo è anche per le mie amiche di Cucina Italiana, che l'hanno assaggiata al raduno di Bordighera e che se ne sono subito innamorate. La fonte è proprio un vecchio numero della rivista, anche se qualche rielaborazione in corso d'opera c'è stata, specialmente sul fronte della riduzione dei grassi, il che ha alleggerito di molto le nostre coscienze: un po' meno i nostri stomaci, visto che, per quanti sforzi si faccia, questo patè è assolutamente irresistibile

Prima che iniziate a leggere la ricetta, però, vi svelo il segreto per riempire di gelatina lo stampo, senza perdere tempo: premetto che quello che io vi dico in tre righe è frutto di lunghi esperimenti casalinghi di alto valore scientifico,- e qui parlo sul serio, visto che la suocera è una Chimica e il suocero è l'incarnazione dell'idea platonica dell'Ingegnere. Intendo dire che quei due fanno sul serio. E quindi, dopo aver sperimentato e sperimentato, hanno deciso che il metodo migliore per fare l'involucro di gelatina senza uscirci matti sia il seguente
munirsi di due stampi, uno più grande e uno più piccolo; dopodiché, dovete versare un po' di gelatina sul fondo dello stampo più grande, allo spessore di un dito circa. Fate solidificare in frigo. Mettete poi lo stampo più piccolo dentro quello più grosso e colate la restante gelatina liquida lungo i bordi.Vedrete che colmerà tutti gli spazi vuoti. Rimettete in frigo, senza togliere il secondo stampo e lasciate solidificare. Alla fine, estraete con delicatezza lo stampo più piccolo- potete aiutarvi con un coltello da passare lungo i bordi, intanto resta tutto all'interno e riempite la cavità con il paté. Sigillate con altra gelatina e di nuovo in frigo.

patè di carne alle noci


Ingredienti : per 10 persone (uno stampo da litro)
200 g di polpa magra di maiale
200 petto di tacchino;
165 g di burro*
1 cipolla
100 g di  gherigli di noci
100 ml di vino bianco secco
80 ml  di marsala secco 
2 compresse di gelatina da mezzo litro
1 dado da brodo;
sale
noci per decorare.

Tempo occorrente: 2 ore circa (più 12 di frigorifero)
Preparare la gelatina secondo le indicazioni sulla confezione, con l'avvertenza di ridurre il liquido- 800 ml di acqua, anziché un litro. Fuori dal fuoco, aromatizzare con il Marsala e lasciar leggermente raffreddare.
Spennellare con questa uno stampo da plum cake di 25 cm di lunghezza e mettere in frigo per 5 minuti.
Ripetere l'operazione per tre volte. Tenere da parte un bicchiere di gelatina liquida per il pate e mettere la restante in un altro recipiente a cassetta, leggermente più lungo e più largo del primo.
Stufare la cipolla affettata sottilmente in 45 g di burro, unite le carni e farle colorire. Unite poi il vino bianco, in cui avrete sciolto il dado e far asciugare bene.
Passare il composto al frullatore, in modo da ridurlo in pasta; poi aggiungete il bicchiere di gelatina tenuto da parte ( se si fosse indurita, fatela sciogliere).
Tritare le noci e aggiungerle al composto; amalgamare con il restante burro morbido.
Sbattere tutto nell'impastatrice elettrica o con le fruste elettriche, fino ad ottenere un composto morbido, riempire lo stampo da plum cake spennellato di gelatina, battendolo bene sul piano del tavolo, affinché non restino spazi vuoti. Lisciate la superficie del composto, coprite con pellicola e lasciatelo in frigo da un minimo di dodici ore a un massimo di due giorni.
Al momento di servire, sformate su un piatto da portata la base, mettetevi sopra il patè (sformandolo dopo aver immerso lo stampo per qualche secondo in acqua calda), asciugatelo bene e decoratelo con i gherigli di noce.

* metà ricotta e metà burro: più ricco di sapore e più povero di calorie: mica male, lo scambio, no?

lunedì 31 maggio 2010

THE DAY AFTER- TIRAMISU ALLE FRAGOLE

 

tiramisu alla fragola

Ho due caviglie, ma due caviglie, ma due caviglie che, al confronto, Dumbo è la Audrey Hepburn... E ora sono le 06.45, ho già litigato con la creatura che ha dormito dai nonni, portandosi dietro tutto il necessaire per la Notte e il Mattino ma dimenticandosi - toh, che caso- lo zaino con i libri di scuola("potevi dirmelo prima, che devo andare in autobus, ora come faccio????) e fatto il primo Atto di Coerenza dalle mattina ("domani, dormi un po' di più, altro che in ufficio alle otto/ a che ora è che vai in ufficio? no, perché la Carola etc etc"). E, buon ultimo, ho acceso il forno, da cui devono uscire due Stupendissime prima delle dieci, ora in cui, invece, devo uscire io, se voglio salvarmi il posto di lavoro, almeno per oggi.
Al di là delle lamentazioni quotidiane, comunque, ieri mi sono divertita più del previsto. L'evento-tutto-maiuscolo era la chiusura della stagione di un'associazione concertistica genovese, organizzato dalla suocera: per cui, più che di un dopocena, si trattava di una specie di "prima dell'alba", visto che quando finalmente abbiamo potuto iniziare a far sul serio mancavano pochi minuti a mezzanotte. Non a caso, in un primo momento si era detto "solo dolci". E lo si era anche fatto, ad essere precisi, con una produzione di biscotti e pasticcini che non finiva più. Poi, però, tant'è, abbiamo cominciato a pensare che magari, un piatto caldo, almeno per i musicisti, sarebbe stato meglio farlo e da lì ad aprire con un aperitivo il passo è stato breve.
Alla fine, il menu è stato questo (per 30 invitati)
Aperitivo
Bollicine- cocktail analcolico- cocktail di rum e anguria (rigorosamente nell'anguria)
Olive al Martini
Mini croissant con burro salato, soncino e salmone affumicato
Polpette di carne
Polpette di melanzane
Spiedini tricolori (i soliti pomodorini/mozzarella/basilico, che personalmente sono 40 anni che non ne posso più ma mai una volta che ne avanzasse mezzo)
Kiwi/prosciutto crudo; ananas/prosciutto affumicato

Trofie al pesto con fagiolini

Crema meringata alle fragole
Mandorlata
Truffle Cake (pure con le candeline sopra, era il compleanno di mio suocero)

a seguire, col caffè
Canestrelli
Brutti ma Buoni della Suocera
Tartufi al cioccolato e qualcosa
Tartufi al cioccolato e qualcos'altro
Dolcetti di marzapane

A parte che, tolto qualche dolce "a seguire" non è avanzato nulla, la palma del "più apprezzato del buffet" va alla crema meringata di fragole, a cui è stato dato un vero e proprio assalto.

tiramisu alle fragole


A questo punto, uno normale si aspetterebbe, qui di seguito, la ricetta della suddetta crema- come minimo. Che invece non c'è. Perché uno normale, come minimo, si sarebbe portato dietro la macchina fotografica. Come minimo. Oppure, l'avrebbe trovata in casa della suocera.
E invece, niente. L'attrezzatura da reporter d'assalto è rimasta nella libreria dello studio, la digitale tutto fare chissà dov'era finita e, tolto un cellulare d'altri tempi, con cui per altro ho immortalato solo gli aperitivi, non c'era nulla che potesse servire allo scopo.
E così, recuperiamo un vecchio tiramisu alle fragole, un classico delle porche figure, giurando e spergiurando che la prossima crema meringata mi troverà attrezzatissima, con tanto di cavalletto, set di obiettivi e pannelli per la luce e maritoshop al fianco, che tanto, ormai, i nostri ospiti ci si stanno abituando, a queste performance. E se in cambio "se magna", questo ed altro...



TIRAMISU ALLE FRAGOLE

tiramisu alle fragole

per venti bicchierini- 10 persone

500 g di mascarpone BUONO
500 g di fragole
4 uova (tuorli e albumi)
150 g di zucchero
liquore alla fragola (avevo una grappa del Trentino, fra i souvenir) oppure Cointreau
savoiardi, qb- una trentina circa, dipende dalla larghezza della teglia

In primis, ormai son secoli che per il tiramisu pastorizzo le uova- tuorli e albumi- con lo sciroppo di zucchero. Una pate a bombe da una parte, una meringa italiana dall'altra- ed ecco qui che il rischio salmonella o altri virus è annientato.
Quindi, si inizia con lo sciroppo di zucchero: 150 g di zucchero e 75 g di acqua e ho lasciato ridurre fino alla temperatura di 121 gradi. A occhio, quando inizia a diventare denso, ci siamo
Si montano i tuorli con metà dello sciroppo: si inizia montando semplicemente i tuorli, poi si versa a pochissimo per volta lo sciroppo, sempre montando, per evitare che l'uovo "si cuocia": alla fine, otterrete una pasta liscia e vellutata, che i pasticceri chiamano pate à bombe.
Lo stesso dicasi per gli albumi: prima, li si monta a neve fermissima, e poi si aggiunge lo sciroppo, sempre montando e continuando a montare, fino ad ottenere una specie di meringa, liscia e compatta.
In ultimo, si monta il mascarpone da solo, per pochi minuti; poi si unisce la pate a bombe, montando e, in ultimo, la meringa: in questo caso, incorporatela con una spatola, facendo attenzione perchè non smonti
Preparate una bagna per i savoiardi con acqua e liquore: le proporzioni variano, a seconda del tasso alcolico dei destinatari, per cui fate voi. SE volete eliminare del tutto l'alcool, del succo d'arancia, sempre diluito con acqua, va benissimo.
Inzuppate i savoiardi e disponetene uno strato sul fondo della teglia o nei biccierini, se fate delle monoporzioni (è evidente che qui "uno strato" sarà costituito da un quarto del biscotto. Potete anche sbriciolarlo a secco e bagnarlo con due cucchiaini di sciroppo, se preferite)
Spalmatevi sopra la crema, in uno strato bello spesso, su cui poi adagerete la metà delle fragole, mondate, lavate e tagliate a pezzetti.
Secondo strato di savoiardi e ultimo strato di crema: a chiudere, l'altra metà delle fragole, sempre tagliata a pezzettini e qualche fogliolina di menta per decorare.
In frigo fino al momento di servire.
I tiramisu della foto risalgono alla festa della creatura e, per bieche ragioni scenografiche, sono stati arricchiti di colorante rosso. Non siete tenuti a questo scempio.
Buona giornata
Ale

mercoledì 26 maggio 2010

Ricette therapy- il pan brioche di Luca Montersino




brioches

Tolte le incombenze familiari, per quale motivo cucinate, voi?
Io, ultimamente, sempre più per rilassarmi. Anzi, a pensarci bene, solo per quello. Anzi, a pensarci bene due, mi viene il sospetto che dietro tutto lo stress che accumulo, ci sia un piano preciso, ordito da marito&capo&creatura per poter godere di una robusta razione del pane quotidiano, visto che, altrimenti, mi dedicherei ad attività se non più amene sicuramente meno dannose per il giro vita, con buona pace dei loro desiderata, dalla torta a strati in poi.
In ogni caso, la cucino-terapia, qui da noi, funziona, e pure da anni, tanto che ho pure elaborato una sorta di tabella delle corrispondenze a due colonne, con tutta la casistica da una parte e i relativi rimedi dall'altra
Per esempio: avete appena finito di programmare 19 giorni in Irlanda, battendo a km il Paese, incastrando al nano secondo luoghi da vedere-cose da fare-robe da mangiare e imparando a memoria i nomi di tutte le pecore, nessuna esclusa e vostro marito risponde, con aria annoiata, che tutto sommato, lui preferisce la Scozia? Fruste e planetaria, in quel caso: perchè le meringhe magari ci mettono un po' di più a montare, della carogna, ma vuoi mettere una scofanata di spumette, contro un'indigestione di fiele????
Oppure: avete avuto in sorte una figlia che nel compito in classe di greco del lunedì, alla domanda sul participio congiunto, risponde beata "gliel'ho già detto sabato, quando mi ha interrogato" e, non paga di cotanto oltraggio, si ostina a sostenere con voi che la risposta è valida "perchè sabato gliel'ho detto giusto, il participio congiuto"? Ratatouille, tartare, mirepoix e tutto quanto fa coltello: anche perchè con un colpo di spugna, il piano della cucina è pulito.. Mentre lavare il sangue, è sempre una gran rottura di pelotas
E ancora: pensate di trovare riscatto in ufficio, dove lì sì che avete un Ruolo e lì sì che vi devono rispettare tutti, per contratto, e trovate che il vostro posteggio riservato è occupato dal furgone del giardiniere? E se, quando lo fate presente al portinaio, dicendo oltretutto che il parcheggio era completamente libero, e che bisogno c'era di farli mettere proprio lì, vi sentite rispondere "perchè lì ci sanno posteggiare tutti, se ci entri tu", in barba a ruoli e rispetti, contrattuali e non, meglio, molto meglio ricorrere a questi spiedi qui, piuttosto che ad altri analoghi strumenti. non foss'altro per non stropicciare il tailleur.
Potrei andare avanti per ore, ma il risultato sarebbe sempre lo stesso: che per me, cucinare, funziona e che, più di tutto, funzionano i lievitati. E se poi la ricetta è tratta da un libro tutto dedicato ai Tiramisù, beh, allora, la forumla è infallibile...
brioches montersino


PAN BRIOCHE
(Luca Montersino)
1 kg di farina 00
160 g di latte intero fresco
30 g di lievito di birra
360 g di uova intere
140 g di zucchero semolato
30 g di miele
15 g di rum
1,5 g di buccia di limone (ne ho grattugiato un po')
1 bacello di vanigli Bourbon
360 g di burro
15 g di sale
per spennellare
50 g di tuorli
50 g di panna
brioches

Mettere in planetaria la farina con il lievito sciolto nel latte a temperatura ambiente, le uova, lo zucchero semolato, il miele, il rum, la buccia di limone e i semi di vaniglia, impastare per 8 minuti a velocità ridotta. Unite il burro ammorbidito, incorporandolo poco per volta all'impasto, terminate con il sale ed impastate per altri 5 minuti, fino ad ottenere un risultato liscio ed omogeneo. Coprite con la pellicola e lasciate lievitare a temperatura ambiente, fino a che il volume sarà raddoppiato, quindi impastate con le mani e riponete, sempre coperto con la pellicola, in frigo per 3 ore. Trascorso tale tempo, formate delle palline con la pasta e disponetele sulla teglia a lievitare, fino a che il volume sarà raddoppiato, possibilmente in un ambiente tiepido (30 gradi) e con un tasso di umidità elevato (80%). Se non ci fosse sufficiente umidità, coprite le teglie. Una volta lievitate, spennellate con i tuorli e panna ben amalgamati e cuocete in forno a 180 gradi per 25 minuti
Nota mia: non preoccupatevi troppo del tasso di umidità e della temperatura, perchè l'impasto lievita bene. Se non ci credete, date un'occhiata qui...

DSC_1552

Buona giornata
alessandra

martedì 25 maggio 2010

anche se questa vita, un senso non ce l'ha.

 

...anche se questa vita, un senso non ce l'ha...

prova fiori 019

So che molti di voi, oggi, si aspettano il resoconto della festa di sabato scorso: mi avete scritto in posta, mandato messaggi su facebook, qualcuno mi ha anche telefonato per sapere come era andata. A tutti, ho dato appuntamento a martedì, cioè a oggi, quando avrei pubblicato foto, flash e ricette di una serata allegra e spensierata come solo i compleanni dei quindicenni sanno essere. Invece, non ce l'ho fatta. Ci ho provato, credetemi, ma non ci sono riuscita. Perchè è da ieri che gli stessi ragazzi di sabato sera piangono straziati il papà di una di loro, strappato alla vita in un modo assurdo, improvviso, ingiusto. Daniela e io siamo sgomente ed attonite ed oggi è la prima volta, da che esiste il nostro blog, che il nostro farci coraggio a vicenda si sgretola di fronte all'incredulità e al dolore. Piangiamo una persona perbene, disponibile, gentile, un vuoto che gela, un destino crudele, risposte che non sappiamo dare a domande che non avremmo mai voluto che ci venissero poste, di fronte alle quali restiamo in silenzio.
Un silenzio che è fatto di cordoglio, di dolore e di impotenza e che oggi estendiamo anche a queste pagine di diario, certi che possiate capirci e scusarci.
A domani
Alessandra

giovedì 20 maggio 2010

Torta Mousse ai Tre Cioccolati- and the Creatura's List


di Alessandra

torta mousse


Sabato prossimo, a casa nostra, la creatura festeggia il suo quindicesimo compleanno.
Il che, tradotto in termini organizzativi, significa che fra grosso modo una sessantina di ore, io avrò la casa piena di adolescenti inquieti, con annessi e connessi su cui preferisco non soffermarmi. Almeno per ora.

Al momento, infatti, la principale fonte della mia inquietudine è il numero dei partecipanti. Perchè, a grosso modo una sessantina di ore dall'inizio dell'Evento, la lista degli invitati suona grosso modo così:

1. la IV A, quasi tutta
2. la V D , non tutta
3. qualcuno della III L
4. e poi tutti gli altri.

Va da sè che le abbia provate tutte, ma invano. Alle ore 7.30 del 20 maggio, l'unico successo degno di questo nome è che avrò una lista nominale. Quando, non è dato saperlo, ma l'avrò. E comunque, sia chiaro, le mie sono preoccupazioni inutili, in confronto alle sue, visto che al già greve carico del "sono brutta- sono triste-sono troppo magra-sono troppo grassa" si è aggiunto il turbamento più atroce di tutti: e cioè il terrore che sua madre voglia rovinarle la festa, ostinandosi a cucinare, anzichè comprando patatine, popcorn e salatini, "come fanno tutti".
Pare che una festa dei 15 anni con un buffet preparato dalla mamma sia in cima alla hit delle Cause del Pubblico Ludibrio. E questo anche se la metà degli invitati gozzoviglia beatamente da anni nella mia cucina e se almeno un terzo degli stessi ha goduto di teglie di muffins al triplo cioccolato infornati alle 4 del mattino o di colazioni che "finchè non ho fatto fuori l'ultima briciola di 'sta torta, col cavolo che dici a mia madre di venirmi a prendere".
Però, per la festa, non va bene.
E quindi, son qui che sto lambiccandomi il cervello con una lista della spesa che neanche festeggiassimo la Barbie e le sue amiche, da tanto alta è la percentuale di plastica, scervellandomi su cosa comprare che non sia per lei fonte di assoluta vergogna (i cipster, per esempio: ai miei tempi erano da orgasmo multiplo, ma adesso????) e, soprattutto, organizzando la spesa tre quartieri più in là, nel timore di essere riconosciuta.
Una concessione, però, mi è stata fatta. Perchè, a discapito delle mode e del gruppo e di tutto quanto fa "famolo uguale", c'è una mia creazione culinaria che oltrepassa i confini di casa nostra, abbatte le barriere del pregiudizio, travolge l'in and out, riconcilia lo yin e lo yan, mette d'accordo tutti, insomma. I miei insuperabili, incomparabili, ineguagliabili salatini ai wursteln. "quelli lì, falli, mamma, che ti riescono bene..."


(La torta che vedete qui sotto è stata quella con cui si sono festeggiati i 15 anni della creatura in famiglia. Che, ovviamente, mi è stata imposta dalla figlia che, altrettanto ovviamente, l'ha benedetta con una ditata ancor prima che la si tagliasse (foto sopra). E ha preteso che non si facessero foto al dolce, "almeno il giorno del mio compleanno!" E guai, dico guai, ad offrirne una fetta a qualcuno, senza il suo benestare. Però, evidentemente, le feste con i genitori sono vintage- e quindi, ci sta di essere al settimo cielo quando si sfasciano i regali, di ridere tutto il santo giorno perchè si hanno quindici anni e, soprattutto, di farsi fuori un'intera torta ai tre cioccolati, incuranti dei brufoli e di quello che diranno a scuola. Sabato torneremo trendy, con pop corn, patatine e languore, nello stomaco e sul viso. Ma per un giorno, ce la siamo goduta...)



torta mousse

per il biscuit
(ricetta della base del fraisier)


4 uova non separate
120 g di farina
140 g di zucchero
40 g di burro fuso


Accendete il forno a 220 gradi (210 se in modalità ventilata)
In una bastardella mettete le uova e lo zucchero e, con le fruste elettriche, inizate a montare. Dopo circa cinque minuti, proseguite l'operazione a bagno maria, fino a quando le uova non triplicano di volume e diventano bianche e spumose. Togliete dal fuoco e aggiungete la farina, incorporandola con una spatola. In ultimo, il burro fuso tiepido.
Prendete una teglia da biscotti e rivestitela con un foglio di carta da forno.
Versate il composto per il biscuit sulla teglia e, con l'aiuto di una spatola, lavorando delicatamente perchè non si smonti, stendetelo per tutto il perimetro della teglia.
Infornate per 4 minuti
Appena sfornato. copritelo con un canovaccio pulito e rovesciatelo sul piano di lavoro, in modo che la parte coperta dalla carta da forno resti sopra. Togliete delicatamente la carta da forno, eventualmente bagnandola con una spugnetta umida per staccarla meglio

Prendete il piatto da portata e ricopritelo con un foglio di carta da forno, in modo che sbordi di circa 5 cm da due lati opposti. Tagiate a metà questo foglio e disponetelo di nuovo sul piatto da portata, leggermente sovrapposto. Questo trucco serve per evitare di sporcare il piatto.
Con un anello da pasticceria, ritagliate un cerchio della misura esatta del diametro dell'anello, a seconda di quanto volete che il dolce sia grande. Per le dosi della mousse, siamo intorno ai 24 cm

per la mousse al cioccolato fondente

1o0 g di buon cioccolato fondente
3 cucchiai di zucchero
2 chiare d'uovo
1 foglio di colla di pesce
250 ml di panna

per la mousse al cioccolato al latte
140 g di cioccolato al latte
2 chiare d'uovo
1 foglio di colla di pesce
250 ml di panna

per la mousse al cioccolato bianco
140 g di cioccolato bianco
25 g di burro
2 chiare d'uovo
250 ml di panna

per la mousse al cioccolato, seguite il procedimento, come descritto qui
per la mousse al cioccolato al latte, fate fondere il cioccolato a bagno maria e fatelo raffreddare mescolando bene con una spatola: deve rimanere fluido.
Fate sciogliere la colla di pesce in pochissima panna liquida, scaldata sul fornello e aggiungetela al cioccolato, sempre mescolando. Quando è bene amalgamata, aggiungete la panna montata e, alla fine, gli albumi montati a neve

per la mousse al cioccolato bianco:
fate fondere il cioccolato bianco a bagnomaria, con una noce di burro.
Perchè? Non lo so. Però, ho notato che, se aggiungo un po' di burro, il cioccolato bianco sciolto non mi si divide mai, cosa che invece ogni tanto capita se non lo metto. Le difficoltà della lavorazione di questo tipo di cioccolato dipendono dalla maggior percentuale di burro di cacao, per cui non è semplicissimo da sciogliere, temperare etc etc. Da quando metto il burro, però, mi sono semplificata la vita.
Procedere come per la mousse al cioccolato al latte

Assemblaggio del dolce:
Ritagliare un cerchio dal biscuit delle stesse dimensioni dell'anello da pasticcere e posizionatelo sul piatto da portata, meglio se con della carta da forno sotto (v. sopra). Riposizionare l'anello sul biscuit, in modo da non lasciare spasi vuoti sul fondo. Stendere il primo strato di mousse al cioccolato fondente e mettere in frigo per un'ora.
Dopo un'ora, aggiungere la mousse al cioccolato al latte e poi far riposare in frigo.
dopo un'altra ora, aggiungere la mousse al cioccolato bianco e lasciare in frigo per almeno tre ore.
Per servire, togliere l'anello e decorare la superficie a piacere

La torta della foto ha due soli strati e le decorazioni fatte con la mousse al cioccolato al latte, per il semplice motivo che mi mancava il tempo materiale per soddisfare in pieno alla richiesta della festeggiata. Il core de mamma ha ceduto di fronte al diktat della ricetta, che vuole i tre cioccolati uno in cima all'altro.
Per quanto riguarda la tempistica, il riposo in frigo è fondamentale; nei tempi di riposo, si prepara la mousse successiva che si versa semplicemente sopra l'altra. Ricordatevi di livellare subito la superficie, perchè dopo è troppo tardi.

Non è il caso di bagnare il biscuit, perchè la mousse è molto umida. Se proprio dovete, usate uno sciroppo al rum oppure al cointreau.
Classicissima porca figura, of course...
Buon Appetito
Alessandra

martedì 18 maggio 2010

Pollo alla Cannella con Pere Caramellate- e ripariamo l' offesa....

di Alessandra

pollo alla cannella

Mio marito ed io abbiamo iniziato a bazzicare per ristoranti stellati in tempo non ancora del tutto sospetto: per carità, al'epoca andava già di moda, ma non così tanto da impedire a noi poveri mortali di comprendere il menu ad una prima occhiata e di godere di due chiacchiere con lo chef che- sorpresa- parlava di cibo: e lo faceva in modo tale che, attraverso il resoconto della sua ricerca della materia prima, della tecnica di cottura, della scelta di un abbinamento o di un contrasto, era possibile non solo ricostruire a ritroso il percorso che aveva portato alla creazione del piatto, ma riconoscere che quello che avevi appena assaporato e gustato trovava nelle parole del suo creatore una spiegazione e una piena corrispondenza.
Oggi che gli chef fanno i filosofi e i clienti i repoter gastronomici, le nostre scorribande in giro per il mondo si sono bruscamente interrotte. La "goccia" è stata una pessima esperienza in terra di Sicilia, lo scorso anno, ma la misura era colma da un po', fra l'avanguardia di tecniche obsolete, l'ingegnosità di omologazioni al limite della scopiazzatura e le declinazioni di aria fritta, dalle parole ai fatti, anzi, ai piatti.
Considerato che nè i nostri portafogli nè le nostre intelligenze potevano permettersi il lusso di aspettare che da qualche autorevole pulpito si levasse il grido de "Il Re è nudo", siamo corsi a domestici ripari, limitando al minimo le cene fuori e ricorrendo ogni volta ad un personale prontuario contro la fregatura, stilato dalla sottoscritta, ovviamente, con tutta una serie di commi e sottocommi, altrettanto ovviamente, a cui si fa puntualmente ricorso prima della scelta di un ristorante.
E che, altrettanto puntualmente, 9 volte su 10 fallisce in modo ignobile
L'ultima, in ordine di tempo, è stata lo scorso sabato sera, nello storico ristorante arabo di Genova. Dove 15 anni fa avevo giurato di non rimettere più piede (art. 5 del Prontuario contro la Fregatura: sii implacabbbile nel tuo giudizio negativo- a meno che non ti offrano la cena) e dove sono invece tornata, insieme ai Palati Fini, complice un'uscita serale della creatura, a 10 metri dal locale.
Il menu è carino e completo, il locale è caratteristico e il servizio relativamente veloce. Siamo in un tavolo da 12 nell'ultima sala e c'è un caldo asfissiante, a dispetto della pioggia che sentiamo, a sprazzi, oltre i vetri della finestra chiusa. Le ordinazioni, però, le fa il proprietario: mio marito tenta di modificare- per altro, aggiungendo- quanto è già stato deciso, ma non c'è verso: si parte con un assaggio di meze per tutti- e così sia. (il primo che chiosa "inshallah" lo anniento...)
Il che, sia chiaro, a me sta più che bene perchè, di norma, mangio poco di tutto. Anzi, a dispetto della taglia e dei chili in più, io tendo a spiluccare, ancor prima che mangiare. Quindi, "gli assaggini" per me sono il massimo della vita. Sempre che, però, mi si dia la possibilità di assaggiare e magari di rendermi anche conto di che cosa ho dentro al piatto.
Per 11 persone vengono portati otto assaggi diversi in otto piattini da antipasto. Posto che 11 falafel e 11 kofti mi possano anche star bene, non esiste che per "assaggio" si intenda UN cucchiaino di hummus e UN cucchiaino di salsa di melanzane. E meno che mai esiste se poi scopri che a 6 cucchiaini più un falafel e un kofti, con una fetta di pita corrisponde un costo di oltre 7 euro. Senza contare che i falafel sono decisamente cattivi, l'hummus non è niente di speciale e tutto il resto è privo di gusto, personalità e sale.
Ci rifaremo con il piatto principale, pensiamo tutti , anche perchè il menu è prodigo di portate e di dettagli nelle descrizioni: anzi, quando qualcuno dice che ci è stato dato poco antipasto, perchè poi ci si riempie con il resto, sono persino preoccupata, all'idea delle montagne di carne di agnello e di pollo che fra poco passeranno direttamente dalle cucine alla nostra tavola.
Fossimo stati a casa, i suddetti piatti sarebbero passati direttamente dalle cucine al bidone della rumenta.
Ma, siccome eravamo al ristorante, invece, abbiamo dovuto sforzarci di mangiare, o meglio, di mandar giù pezzi di carne asciutta e stopposa, da retrogusti imprecisati, ringraziando il cielo che, contrariamente alle aspettative, le portate fossero in quantità risibile.
Io ho ordinato un pollo alla cannella con i nidi di rondine che non c'erano e, per i pezzi di manzo del taboulleh della mia amica ,è stato necessario un atto di fede, perchè tutto potevano essere quelle palline nere e rinsecchite adagiate sulla semola, ma manzo, onestamente, proprio no. Avrei voluto chiedere a mio marito com'era, il suo agnello, ma mi è bastata un'occhiata da lontano per capire che non era cosa. Il tutto condito da una rara maleducazione del proprietario, che per due volte è venuto a riprenderci perchè, a suo dire, parlavamo a voce troppo alta: per cui, oltre che nel cibo, ci siamo pure mortificati nella conversazione, ridotta a esangui bisbiglii con gli immediati vicini di sedia, in un crescendo di tristezza cosmica e di "ma chi ce l'ha fatto fare?- sempre meno sussurrati, per la verità.
Ho archiviato il dolce sotto la voce "da dimenticare", per cui non mi dilungo nella descrizione di un budino fatto con acqua, zucchero e fecola, per altro in proporzioni discutibili (era un mattone e non sapeva di niente). Questa "rece", invece, se ne va su menuturistico: non tanto per voi, quanto per me. Non sia mai che da qui a quindici anni mi salti di nuovo in mente di tornarci...

P.S. l'ammontare preciso del conto non lo so ancora (siamo andati via prima, causa figlia da recuperare): azzardo un 25/30 euro a testa, in ogni caso, bevendo tè alla menta e vino di seconda scelta (quello buono era finito, sic dixit). Comunque troppo, in ogni caso.




Pollo alla Cannella con Pere caramellate

pollo alla cannella



per 4 persone
2 petti di pollo medi
2 cipolle grandi
1 cucchiaino colmo di cannella
1 stecca di cannella
1 cucchaino di zenzero
farina
olio EVO
sale
3 belle pere, qualità Abate, a polpa soda
1 cucchiaino di miele
1 noce di burro

riso per accompagnare

La ricetta è un mix fra questa e quella che ho ordinato l'altra sera: alla prima, si deve l'aggiunta della pera caramellata, alla seconda quella del riso anche se, in tutta sincerità, mi intriga di più l'idea di accompagnarlo con un semolino dolce, così come consigliato dalla prima fonte. Niente taijine, comunque, ufficialmente perchè la cucina algerina non ne fa uso, ufficiosamente perchè non ce l'ho (ancora). In ogni caso, pollice verso- e pure bello in alto, per un piatto intrigante, profumato, facile da preparare e originalissimo, almeno qui da noi, dove di pollo al curry, onestamente, non se ne può più.

Mi sono fatta tagliare il petto di pollo a pezzetti dal macellaio. Dopodichè, l'ho lavato, asciugato e infarinato. Quella dell'infarinatura è un'operazione che faccio sempre quando è previsto un fondo di cottura di accompagnamento, perchè in questo modo rimane bello denso, senza bisogno di aggiungere roux.
Nel frattempo, ho scaldato mezzo litro d'acqua e, arrivato a bollore, ho aggiunto una stecca di cannella
L'ho fatto rosolare, in una padella dai bordi alti, in 3 o 4 cucchiai d'olio e ho coperto a filo con il "brodo alla cannella", aggiungendo subito dopo le altre spezie, sale compreso. Fiamma bassa e recipiente coperto fino a completa cottura: grosso modo 3/4 d'ora, ma anche un po' di più, perchè è cottura a fuoco lentissimo. In ogni caso, fa fede la prova assaggio:quando il bocconcino di pollo è tenerissimo, è pronto.

Da parte, ho caramellato le pere.
Ho mondato le per e e le ho tagliate a dadini
Ho fatto fondere il burro in un pentolino, ho aggiunto i dadini di pera, ho fatto insaporire e ho aggiunto il miele. Ho sempre sorvegliato l'operazione, perchè le pere sono pronte appena sono dorate. Devono mantenere comunque una certa consistenza, motivo per cui è importante che si scelgano frutti a pasta soda.

Ho assemblato tutto alla fine, lasciando insaporire pollo e pere per pochi minuti, sempre a fuoco lentissimo. Poi, come vi dicevo, ho servito con del riso bianco, condendo con il fondo di cottura del pollo, il che, alla resa dei conti, "ci ha detto" così e così e questo indipendentemente dal fatto che abbia replicato il piatto del ristorante. Next time, semolino...
ciao
ale





martedì 11 maggio 2010

spatascio's day. di tutto, di più

di Alessandra

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Ora, io dico: passi sbagliare un piatto. Anzi, ci sta, eccome. Anzi due, dovessi fare un calcolo, son più quelli che ceffo che quelli che azzecco, specie se ho un'occasione da porca figura e l'ansia da prestazione è alle stelle.
Ma TRE su TRE, porca miseria- e per giunta nel fine settimana, quando riempio la dispensa di menuturistico- questo è inconcepibile. Ho un nervoso che sfiora l'isteria, anche perchè, per quanto mi sforzi, non riesco a dar la colpa a nessun altro che a me, la qual cosa, è risaputo, è quella che più mi manda in bestia.
Per farla breve, i fallimenti sono stati tre. Qui ne documento solo due, perchè l'oscenità del terzo trascende ogni limite del buon gusto, visto che ho avuto l'idea di preparare dei mini babà con l'impasto delle brioches. Ne sono venuti fuori 24 mostruosità, con un grosso rigonfiamento in punta, ammosciato di lato, che ha dato la stura a ogni tipo di asfaltamento della sottoscritta da parte del marito e della figlia, la cui perfidia ha superato ogni limite. Come se non lo avessi capito da sola, che non era stata propriamente una splendida idea...
Il resto, è tutto documentato qui sotto, dal soufflè che ho voluto a tutti i costi sformare e che poi ho ricompattato nello stampo, in stile "atterraggio UFO su Zigurrat" alla torta Mappazza che però, ad essere onesti, i colleghi hanno gradito. Almeno lì per lì...
Soufflè di Asparagina con cuore di capasanta e salsa al Martini Dry



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per 4 persone
4 capesante con il guscio
500 g di asparagina
80 ml di bechamelle
20 g di scalogno
20 g di porro
30 g di burro
1 uovo
80 ml di panna da cucina
1/3 di bicchiere di Martini Dry
20 ml olio EVO
2 rametti di acetosella
sale
pepe nero

Pulire gli asparagi, stufarli in padella con burro e scalogno tritato fine, sale e pepe finchè son teneri (io aggiungo anche un mestolo di brodo: che sia stato per questo?????). Fate intiepidire la bechamella e unite il tuorlo. Montate l'albume a neve ben ferma (l'ho fatto alla fine, perchè secondo me sarebbe smontato: che sia stato per questo???)frullate l'asparagina, unitela alla bechamelle ormai tiepida e unite l'albume, mescolando bene. Aprire le capesante, sbollentare brevemente i coralli e tenerli da parte (io ho usato quelle senza guscio: che sia stato per questo?). Distribuite un poco di composto negli stampi

Far rosolare in padella nell'olio per 2-3 minuti il porro finemente tritato, irrorate col Martini, salate, pepate e fate evaporare l'alcool. Quando la salsa si sarà addensata, unite la panna e mescolate per 2-3 minuti. Togliete dal fuoco, frullate tutto e aggiungete l'acetosella, tritata finemente. Sformate i soufflè nei piatti individuali, aggiungete la salsa, due punte di asparagina e disponete un corallo di capesanta sopra ogni souffle

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Torta di mandorle alla crema d'arancia


per 8 persone
300 g id farina
300 g di mandorle sgusciate
220 g di zucchero semolato
150 g di burro
150 g di fecola
5 uova
2 cucchiai di rum
2 cucchiaini di lievito
1 arancia

per la farciture
150 g di burro
100 g di mascarpone
70 g di zucchero semolato
2 arance e mezzo, biologiche
1 bicchierino di rum
2 cucchiai di zucchero a velo


prospettiva dall'alto....

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dal vero


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e, atrocità delle atrocità, pure di taglio...

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Ora devo preparare la torta di compleanno della creatura che, more solito, festeggia a strati. Mi sa che mi ci vuole un pensamento collettivo....
un moscissimo ciao
ale


domenica 2 maggio 2010

L'ERBA DEL VICINO

 

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Questa è tutta vera.
Anzi, per un po' era anche stata uno dei miei cavalli di battaglia, nelle chiacchiere con gli amici, tanto che non escludo che qualcuno possa averne già avuto sentore, visto che mi è già capitato di sentirmela raccontare da terzi: e visto che, ogni volta, mi tocca assumerne la maternità, con annessi e connessi, taglio la testa al toro e la racconto coram populo qui sopra.
Ad essere sinceri, me ne ero completamente dimenticata e, se non fosse stato per la versione di greco della creatura, probabilmente chissà per quanto tempo avrei lasciato l'episodio nei menadri della memoria. Ma quando, ieri pomeriggio, ho letto che Solone voleva che le leggi suscitassero nel popolo la compassione per chi era vittima di ingiustizia, allora mi si è accesa la lampadina e ho recuperato questa storia qui. Che va nella direzione contraria, rispetto alle intenzioni di Solone, purtroppo: ma lascia comunque aperta una speranza, nelle astuzie della sagacia. Come dire, che a confidare nella potenza del nostro intelletto, molto o poco che sia, ci si guadagna sempre...


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Uno dei motivi che hanno accelerato il nostro trasloco nella nuova casa è stata l'impossibile convivenza con i vicini del piano di sopra. Erano una coppia giovane, all'epoca senza figli, nipoti della padrona della palazzina e comproprietari della stessa, che si erano trasferiti grosso modo insieme a noi e con cui, chissà per quale misteriosa ragione, mi era pure venuto in mente che avremmo potuto fare amicizia. Tanto che, nell'elenco delle cose da fare, il "caffè con i vicini" veniva subito dopo il "metter su le tende" e subito prima l'"appendi i quadri dello zio". E- forse- sarebbe andata davvero così se, un sabato mattina, all'alba delle 10.00, mio marito non avesse avuto la malsana idea di metter su un quartetto di Mozart, con danni gravi sul fronte dell'inquinamento acustico e irreparabili su quello dei rapporti di buon vicinato.
"Spengo subito" avevo detto ad una specie di Erinni al Pigiama Party che sbraitava sul pianerottolo, chinando il capo di fronte alla fiumana di focose variazioni sull'unico tema del diritto al riposo, "perchè- sa- NOI lavoriamo. NOI".
Da lì in poi, fu un incubo. Ad ogni squillo di campanello sobbalzavo, certa di trovarmeli di fronte con ogni tipo di accusa (dal Kenwood che faceva troppo rumore ai vasi di fiori messi storti): il clou venne toccato una mattina, alle 7, durante una bufera di vento, quando il marito, in mutande, scese a lamentarsi perchè una nostra tapparella scrollava e lui non riusciva a dormire.
Quel che è peggio è che io vivevo nel terrore di disturbare. Ero arrivata ai punti di parlare sottovoce, al sabato mattina, fino alle dieci, facendo preparare la figlia in punta di piedi e uscendo di casa per le scale perchè, maniman, se l'ascensore fa rumore, si svegliano. Avevo dato una tabella di marcia alla donna di servizio, modulata solo sull'umore dei vicini, avevo abbassato la suoneria della sveglia e quella dei telefoni, bagnavo le piante col contagocce e aspettavo di vederli andar via per stendere e fare il bucato.
Le cose si complicarono mostruosamente quando alla Carola venne in mente di suonare il violino. Neanche a dirlo, le lezioni con l'insegnante vennero fissate in base all'orario d'ufficio dei vicini di sopra ma, neanche a dirlo due, bastò una nota fuori tempo per ritrovarmeli entrambi sul pianerottolo, a farmi la lezioncina sull'ABC del comportamento condominiale.
Fu allora che decisi di telefonare all'amministratore, chiedendogli quali fossero le deroghe del nostro condominio ad un regolamento comune. L'aministratore cadde dalle nuvole e mi disse che non c'era nessuna eccezione. Nessun rumore molesto prima delle otto del mattino e dopo le 23- "e se proprio non riesce a fermare gli operai, gli dica almeno di non iniziare a picchiare prima di quell'ora. E se è un violino, suonato dalle 5 alle 6 del pomeriggio, non ci sono problemi"
Vi lascio immaginare, quindi, con quale piglio affrontai il successivo squillo di campanello, alle nove e 25 di un mercoledì di settembre, la vigilia dell'esame di ammissione al Conservatorio, a tre minuti esatti dall'inizio della lezione di musica
"dica a sua figlia di smettere"
"no, mi dispiace"
"avevamo stabilito dopo le dieci e mezza"
"di sabato e di domenica. Oggi è mercoledì"
"nei giorni feriali si era stabilito dopo le nove"
"ora sono le 9.25. E comunque, esiste un regolamento. E l'amministratore mi ha detto..."
"lo so cosa le ha detto l'amministratore. Crede che non mi abbia telefonato? Lui è un mio dipendente, esattamente come lei è una inquilina di mia zia, nel condominio che, guarda caso, è di proprietà della mia famiglia"
E a questo punto, aveva fatto un sorrisino. Di scherno, ovviamente, e di uno scherno cosmico, che comprendeva me, la mia famiglia, la nostra casa e la legge.
Ed è stato allora che ho avuto il colpo di genio.
" Facciamo così, dottore. Ne parli con mio marito.Lui, su queste cose, ci sa far meglio di me. Un attimo solo, che glielo chiamo"
E mentre mi giravo verso il nulla, davanti allo sguardo sbigottito di mia figlia e della sua insegnante, ho preso fiato e, con tutta la voce che avevo in gola, ho urlato
"OLINDOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!"
Quando mi sono voltata, il vicino di sopra non c'era più.
E, da allora, non lo abbiamo più visto....


"Sentore di spiga di grano ligure al sapore di carciofo avec frutto di gallina dorato"


dagli amici detti anche

Asparagi di Albenga con Uovo Fritto, Burro e Parmigiano,

( e , per gli intimi, "Angiosperma Ovulare")

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( Un ringraziamento speciale a madame Muscarià, Mousse Ispiratrice di siffatto titolo)

Per 2 persone
mezzo chilo di asparagi neri di Albenga
2 uova
burro
Parmigiano Reggiano
Pepe nero di mulinello
sale

Far lessare gli asparagi in acqua salata, dopo averli lavati bene e dopo aver loro tolto la parte filamentosa del gambo. Scolarli appena teneri e disporli sul piatto di portata.
Friggere due uova al tegamino, disporle sopra gli asparagi, cospargere il tutto con burro fuso e parmigiano grattugiato e servire. Pepe in tavola, a chi piace.

Ciao
Ale

giovedì 29 aprile 2010

Lo famo originale???? The Sally Lunn Buns- quelli veri. Oh yeah....

di Alessandra


sally lunn buns

Correva l'estate 1992- e il primo che chiede "dov'è che andava?" lo sbatto fuori da qui per sempre... Ecco, ho perso il filo.
Ricomincio.
Correva l'estate del 1992 quando, per tutta una serie di ragioni che non sto qui a ricordare (fidanzato bastardo incluso) decisi su due piedi di mandare a monte le vacanze con gli amici e di girarmi in lungo e in largo la Gran Bretagna, con mia madre. Se dieci anni prima, quando le ferie da sole erano un miraggio e le estati coi genitori una inevitabile condanna, mi avessero detto che mi sarei passata l'agosto dei miei 26 anni con mammina, minimo minimo mi sarei sparata in bocca. Invece, si trattò di un viaggio bellissimo, "al femminile" al punto giusto e "nostro"al punto giusto, come poteva esserlo un ripercorrere, da adulte e insieme, quelle che, per entrambe, erano state le tappe di una formazione umana, prima ancora che professionale e culturale.
Eravamo partite così, senza prenotazioni e itinerari, forti lei di un'esperienza da vendere, io di un'incavolatura da smaltire, alla ricerca dei tasselli mancanti di un Paese che credevamo di conoscere al km e che, neanche a dirlo, ci sorprese di nuovo, in lungo e in largo- dalla cattedrale di Exeter sotto il temporale alla linea ferroviaria Glasgow - Mahalaig, in un itinerario scandito da quadri, libri e sale da tè: Betty's a York, la chiesa di S. Nicola ad Aberdeen e, soprattutto, Sally Lunn a Bath.
Onestamente, non so se Internet già ci fosse, nel 1992; e, altrettanto onestamente, Bath non era ancora rientrata, nelle mie scorribande mangerecce nella perfida Albione. Altrimenti, mai nella vita mi sarei sognata di entrare con leggerezza in quello che, nel giro di qualche minuto, sarebbe stato destinato a diventare, per me, uno dei templi della gastronomia inglese, icona i tutte le bontà di OltreManica, tappa obbligata nel giro del mondo dei gourmand: perchè è da Sally Lunn che si mangiano i famosi Buns.
Che, con raro acume e con altrettanto raro spirito di inventiva, si chiamano nientemeno che Sally Lunn Buns e che, con adeguata fantasia, costituiscono l'asse portante dell'intero menu del locale, dall'antipasto al dolce. In pratica, cambia la farcitura, ma la base resta inevitabilmente la stessa.
A vederli, potrebbe prendervi un coccolone: nel senso che vi vengono serviti già farciti e tagliati in 4, all'epoca nella sola forma standard- quella da colazione per il reggimento, per rendere l'idea. Basta il primo morso, però, per riconciliarvi con tutto il resto, dalle calorie in poi- perchè, per quanto di pan brioche si tratti, questo ha qualcosa in più che lo rende straordinariamente mobido, umido e versatile, perfetto per il dolce così come per il salato.
E questo qualcosa in più, naturalmente, altro non è che la ricetta segreta.
Toglietevi dalla testa di recuperarla, perchè purtroppo non c'è. Parola della sottoscritta che la cerca dai primi mesi di vita del blog, spulciando siti internet, riviste di cucina, persino i taccuini storici delle ricette vintage: niente di niente. Anzi, le pochissime cose che ho trovato in rete sono delle bidonate solenni, con le taglie forti dei buns mortificati nelle forme delle brioches perchè così ci stanno, in foto, e con ingredienti e proporzioni che tutto fanno presagire, al gusto, fuorchè la delicata morbidezza dell'originale.
Lo dicevo a mia madre, l'altro giorno, pure in chiave lamentosa, " con tutto quello che gira in internet, porco cane, ora c'è pure la focaccia del nonno, possibile che di 'sta meraviglia non ci sia traccia" e stavo già per proporle di rassegnarci a tornarcene a Bath, quando lei mi ha interrotto e mi ha detto che la ricetta, noi, ce l'abbiamo.
Oh yeah.
Presa direttamente dal bancone del locale, nell'agosto del 1992.
Oh yeah 2
Perchè all'epoca ancora era pubblica.
Oh yeah 3
E, come se non bastasse, che il foglietto originale lo aveva dato a me.
Gli oh yeah si interrompono qui.
Perchè se volete avere la certezza matematica di perdere qualcosa, mettetelo su un foglietto e datelo alla sottoscritta. Non lo troverete mai più.
Però, siccome la mamma mi conosce bene, se ne era fatta una copia, conservata gelosamente insieme alle scatole (originali anch'esse) dei buns che portammo a casa, per consolare gli afflitti rimasti ad aspettarci.
Copiare gli ingredienti e metter su l'impasto è stato tutt'uno e vi lascio immaginare l'ansia dell'attesa, resa ancora più lunga da una lievitazione lenta , da una cottura "in crescendo", da tempi di raffreddamento obbligati, che se lo sformi da caldo ti si sbriciola in mano.
Alla fine, 'sto benedetto "primo morso" l'ho dato.
Ed era tutto talmente uguale, ma talmente uguale, ma talmente uguale a vent'anni fa che scommetterei tutto quello che volete che se questa non è la "The Original Recipe" poco ci manca. A voi va bene, ovviamente, per due motivi.
Il primo- che poi è il più importante- è che vi beccate una ricetta superlativa, da straporca figura, facilissima da fare e, almeno finora, diversissima dal "solito" pan brioche.
Il secondo- non meno trascurabile- è che ve la cavate con un post relativamente breve. Intendo dire che per una robina come la madeleine, Proust ci ha scritto qualcosa come la Recherche. Mentre qui sopra ce la sbrighiamo con un semplice oh yeah. Elevato alla enne, si intende...

SALLY LUNN BUNS

sally lunn buns

La "soffiata" dalle cucine di Sally Lunn non è andata oltre le dosi, che vi trascrivo in originale, con traduzione, conversione e modifiche. Per il procedimento, mi sono affidata al solito, vecchio modo per preparare la pasta brioche che, visto il risultato, ha funzionato alla grande

1/3 cup sugar (75 g)
1/3 cup butter (115 g)
1 1/2 tsp salt ( 1 cucchiaino e mezzo di sale fino)
1 cup scalded and cooled rich milk (250 ml, latte intero, scaldato e fatto raffreddare)
1/4 cup warm water (60 ml di acqua tiepida)
1 c. yeast ( qui, non si è capito: nel dubbio, una bustina di lievito secco)
3 eggs beated (leggermente sbattute, sul grosso)
4 cup flour, sifted (500 g di farina setacciata)

sally lunn buns

Ho fatto sciogliere il lievito nell'acqua tiepida, insieme ad un cucchiaino di zucchero e, appena son cominciate le bolle, ho aggiunto tutti gli altri ingredienti, latte tiepido incluso.
Ne ho ottenuto un impasto molto appiccicoso, tant'è che ho dovuto aggiungere 2 cucchiai di farina e lavorare molto: almeno 10 minuti con l'impastatrice. Il consiglio, come sempr,e è di procedere con cautela, quando si tratta di aggiungere i liquidi.
In ogni caso, alla fine, ho ottenuto un impasto meraviglioso, liscio e molto idratato.
Ho fatto lievitare fino al raddoppio: circa un'ora e mezza, come succede per gli impasti grassi.
Poi, ho abbattuto l'impasto, l' ho rimpastato a mano per altri 5 minuti e l' ho suddiviso in due stampi: l'ideale sarebbe stato lo stampo da panettone basso ma, in mancanza di quelli, ho usato uno stampo da soufflè (il più piccolo, quello in foto) e uno più grande da timballo. La misura giusta è la prima, tant'è che il bun stava perfettamente nella sua scatola, neanche a farlo apposta.
Seconda lievitazione, anche qui fino al raddoppio, e poi in forno: li ho infornati con il forno freddo e la temperatura programmata a 180 gradi, per mezz'ora, li ho lasciati raffreddare e poi li ho sformati.
Potete farcirli come volete- il classico è con burro fuso, salmone affumicato e aneto nella versione salata, panna e marmellata di fragole in quella dolce- perchè sono buoni in tutti i modi. L'unica critica, neanche a dirlo, è venuta dal marito, che li ha trovati troppo dolci. Nulla vi vieta di ridurre lo zucchero, ovviamente: però, in quel caso, non chiamateli Sally Lunn Buns...
buona giornata
Ale

English Version

SALLY LUNN BUNS

sally lunn buns



domenica 25 aprile 2010

Lemon Chess Pie


di Alessandra


lemon chess



Il primo che ride lo anniento.
Ma anche no: anche perchè, detto fra noi, se questo dolce non avesse avuto questo nome, col cavolo che lo avrei preso in considerazione. Solito flan al limone, avrei pensato, privandomi per altro di una rielaborazione goduriosa e robusta di un classico un po' abusato e sbiadito. E' chiaro, però, che in questo caso il gusto è passato in secondo piano, schiacciato da tutta una serie di battute più o meno penose, tutte raggruppabili sotto l'etichetta del "che cesso di torta".
Non ne è stata immune neppure la Dani che giusto ieri sera, mentre decidevamo la scaletta della settimana, è passata da una blanda perplessità (un flan? ma non ne hai appena messo uno?) al contenuto entusiasmo da ritratto di signora in un giardino che mai la abbandona (la torta cesso, sì,si, metti la torta cesso, bambineeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee, la ale ha fatto la torta cessooooooooooooooooooooooo). Per cui, insomma, oggi vi tocca.
Se non fosse perchè sono le otto di domenica mattina e ho buttato via metà nuttata in ginocchio davanti al forno a supplicare un impasto che di lievitare, proprio, no ne voleva sapere, vi sciorinerei un elenco infinito di nomi "stranieri" che da noi hanno significati e risonanze ben diverse rispetto alla loro patria d'origine. Su due piedi, mi viene in mente il mitico Trapattoni con Strunz o le contorsioni dei miei amici inglesi, nell'allora più fornito negozio di dischi di Genova, di fronte ad un LP dei Dik-Dik, per non contare le figuracce che ci hanno sempre accompagnato, nella -in quel caso, si- perfida Albione, ogni volta che chiedevamo un "piss of cake".
Vi dò licenza di uccid... ops, di supplire ai miei vuoti di memoria, mentre vado a schiarirmi le idee con il terzo caffè, certa che la squisita sensibilità che da sempre contraddistingue chi passa di qui non mancherà di brillare anche in questa occasione. In cambio, prometto un piatto di fumanti galushki (ma solo per i Genovesi: per il resto del mondo, sono meravigliosi gnocchi dell'Europa dell'Est)


LEMON CHESS PIE

lemon chess

Dicesi fantozzianamente "lemon chess" un dolce del Sud degli Stati Uniti, la cui caratteristica è quella di avere una base di pasta brisè. Quindi, poco dolce. Al pari della quasi totalità dei dolci anglosassoni, poi, è di una semplicità disarmante, visto che si tratta di mescolare insieme gli ingredienti, riempire il guscio ed infornare. Il risultato, come sempre, è sorprendente e, se vi piace il limone, è un'altra di quelle cose da "to do list", senza se e senza ma.

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per 8/10 persone

tortiera 24 cm
pasta brisèè
3 uova più un tuorlo
125 ml di latte
250 g di zucchero
50 g di fecola
55 g di burro pomata
il succo di mezzo limone
la scorza grattugiata di un limone
un cucchiaino di estratto di vaniglia
un cucchiaino di sale
un cucchiaino di essenza di limone (giammai!!!)

la ricetta originale dice di rivestire una teglia di pasta brisèe, di mescolare insieme tutti gli ingredienti e di far cuocere a 180 gradi per 45/50 minuti
Siccome siamo in presenza di un ripieno liquido, io ho fatto una cottura in bianco, di una decina di minuti.
Quindi: ho imburrato una tortiera e vi ho steso la pasta brisèe: la tortiera che vedete nella foto è troppo piccola, rispetto alle dosi. La torta, infatti, deve diventare più bassa: quindi, usate una teglia da 24 cm.
Dopodichè, ho coperto il fondo con un foglio di carta da forno, l'ho cosparso di fagioli secchi e ho fatto cuocere per 10 minuti a 180 gradi.
Nel frattempo, ho mescolato tutti gli altri ingredienti, in quest'ordine
- ingredienti solidi: fecola, sale, zucchero (setacciati)
-ingredienti liquidi: latte, uova, succo di limone (leggermente sbattuti )
li ho poi amalgamati, mescolando con una frusta (non devono rimanere grumi) e in ultimo ho aggiunto la scorze di limone e l'estratto di vaniglia.
Ho riempito il guscio di brisèe e ho infornato per 40 minuti: una volta cotta, la superficie sarà leggermente brunita e "tremula" solo al centro. Lasciate raffreddare e vedrete che acquisterà consistenza uniforme.
Se vedete che la superficie scurisce troppo, copritela con un foglio di alluminio, negli ultimi 10 minuti di cottura.
Si serve fredda, cosparsa di zucchero a velo. Gli Americani, impavidi, ci aggiungono pure la panna montata, ma io non ce l'ho fatta. Mi sono limitata a nappare con un cucchiaio di confettura di fragole, ma più per dar colore che per altro. Per me, è buona di suo, senza tante aggiunte.
Buona Domenica
Ale


English Version

LEMON CHESS PIE

lemon chess

giovedì 22 aprile 2010

Americano solido- Senza ghiaccio, ma con le bollicine...







La prima volta che ci siamo trovati di fronte all'Americano solido è stata da Moreno Cedroni, nell'ormai lontano 2006. Come dire, siamo partiti dall'originale, oltre che dal gradino più alto, e vi anticipo subito, se mai ce ne fosse bisogno, che per quanti tentativi si sia fatto per riprodurlo, non ci siamo neanche lontanissimamente avvicinati a quello che era stata l'apertura di una delle cene più spettacolari e divertenti che ci si sia mai concessi, a quei livelli. Alla fine, abbiamo desistito, accontendandoci della sola parte solida (l'originale si basa su tre consistenze): capovolgendo Jame Morrison, se la paragoniamo ci deprime, ma se la consideriamo, ci esalta abbastanza.



Chi invece si esalta del tutto sono i nostri amici, quando se lo trovano davanti. Il che significa che che cominciamo già bene, con sguardi spiritati, gridolini di giubilo e tutto quanto fa gravi segni di squilibrio mentale. In più, la fregatura di questi cubetti è che sono come le ciliegie anzi, se possibile, anche peggio: perchè le ciliegie non ubriacano, mentre questi sì- e pure di brutto.

Avrei un'anedottica infinita su quello che è accaduto in casa nostra negli ultimi anni- da ospiti brasati sul divano ad altri dispersi nelle retrovie, per non parlare di ciò che è uscito dalle nostre bocche, nonostante le lingue ispessite, tanto che io e Giulio ci ripromettiamo ogni volta di non prepararlo più.
E invece, ci ricaschiamo sempre.
E sabato scorso non ha fatto eccezione

Col senno di poi, la nube vulcanica è stata provvidenziale, perchè non voglio pensare a quale sarebbe stato il livello del concerto il giorno dopo. Per carità, come mi facevano notare i miei amici, per stendere una russa ci vuol altro: però, vista la immonda degenerazione della serata, fidatevi, è stato meglio così.

La colpa, però, è stata anche della forma: di solito, lo facciamo solidificare in un contenitore lungo e basso, per cui quando lo si sforma, non ha nulla di fascinoso. Stavolta, invece, ne abbiamo usato uno rotondo, dai borsi un po' scanalati e così, una volta messo sul piatto, non abbiamo resistito e lo abbiamo presentato direttamente così

americano solido


Nella mia idea, doveva essere un semplice divertissement: per quei disgraziati, invece, ha significato il via libera per magiarselo a fette, anzichè a cubetti.
Tempo un quarto d'ora, eravamo tutti allegri, dopo mezz'ora ridevamo come degli scemi e, dopo un'ora, non mi ricordo più. So solo che vedevo le parole che uscivano dalla mia bocca prima che riuscissi a riacchiapparle ed avevo immagini confuse di chi arraffava i bicchierini che sarebbero dovuti tornare in cucina, pieni fino all'orlo delle "briciole" della torta, chi veniva sorpreso con due cucchiaini e chi, non pago dell'indigestione, ne aggiungeva una cucchiaiata al piatto del dolce- e questo dopo averlo .... a sangue tutta la sera, perchè non c'era il ghiaccio.

americano solido


In compenso, però, abbiamo avuto le bollicine: perchè le due disgraziate under 18- a cui l'Americano è stato ovviamente interdetto- vale a dire la creatura e la figlia n.2, hanno avuto la bella pensata di aprire il mega puff in camera della figlia, con conseguente fuori uscita di tutte le palline elettrostatiche, trascinandole per ogni angolo della casa, al grido di "c'è la neve!!! c'è la neve!!!"- e questo da sobrie.

La prossima volta, vado di brut. Lo giuro

AMERICANO SOLIDO/O GIU' DI LI'

americano solido

Preparare un Americano con 200 g di Martini Rosso, 200 g di Bitter Campari e 100 ml di acqua. Ammollate 20 g di colla di pesce in acqua fredda e fatela sciogliere in poca acqua bollente, in una pentola capiente. Lasciar intiepidire e aggiungere l'Americano direttamente nella pentola, a poco a poco, mescolando con una frusta. Questo procedimento serve per evitare lo choc termico e la conseguente formazione di grumi. Mettete il cocktail in una vaschetta per alimenti, meglio se con i bordi bassi e lasciate in frigo per 24 ore. Servite tagliato a cubetti e guarnito con spicchi d'arancia.
Non rispondo di nulla
Ale

SOLID AMERICANO(COCKTAIL)

americano solido


quanto mi girano... p(R)alline al pistacchio, acqua di rosa e cioccolato bianco

di Alessandra
palline al pistacchio

Indovinate un po' con chi ce l'ho?
1. con Genova Parcheggi
2. con Genova Parcheggi
3. con Genova Parcheggi

Vi dico l'ultima, perchè possiate regolarvi. In tutti i sensi.
Ieri pomeriggio parcheggio la mini a 6 minuti a piedi dal posto dove devo andare e pago un'ora di parcheggio, per un totale di 2 euro. Sono le 15.07.
Parentesi: il fatto che non ci fosse un nanosecondo libero nei sei minuti di percorrenza non significa che nella zona si possa posteggiare impunemente: da noi, l'unico posto dove non paghi è a un metro da terra, ma guai a te se ti lamenti, perchè scattano subito i sostenitori di turno a dire che se così non fosse, non ci sarebbero posteggi, in città. Per cui, gira mezz'ora a vuoto, paga 2 euro per 60 minuti, fatti mezzo chilometro a piedi come minimo ogni volta- e , soprattutto, taci, perchè il diritto al mugugno non abita più qui. Chiusa parentesi.
Esco dallo studio dove dovevo andare alle 16.05: non corro, però, perchè mal che vada, se anche avessi il foglietto del pagamento scaduto, regolo sul posto e non se ne parla più. Anzi, già che ho la ventata d'ottimismo, mi spingo un po' più in là e arrivo nientemeno a pensare che non possa esistere un posteggiatore tanto bastardo da farti la segnalazione allo scadere dell'ultimo rintocco.
Ci azzecco a metà: il foglietto sul parabrezza, rilasciato alle 16.10, c'è. Del parcheggiatore, invece, neppure l'ombra.
Guardo l'ora e la traduco in Genovaparcheggense: sono le 16.13, ho 6 minuti di ritardo, con 20 cent. me la cavo
Inizio a smoccolare al terzo minuto, quando passo nell'isolato successivo e nella fascia oraria successiva (4o cent, I suppose), senza che si veda nessuno. L'argomento della tiritera è quello ormai consunto, che inizia con "già che ci fanno pagare, perchè almeno non ci mettono in condizione di farlo???" su cui però mi soffermo poco: alle 17.00 arrivano i mobilieri e devo essere a casa.
Ci arrivo un po' prima e scopro che posso pagare la differenza direttamente al parchometro, nella via dove abito. Che, per inciso, è un viale largo 20 metri e lungo un km, costeggiato da- azzardo- dieci palazzine, sui due lati, tutte munite di box e con un numero ridotto di inquilini, accessibile da una crosa strettissima e in cui, quindi, non c'è praticamente passaggio. E dove, naturalmente, paghiamo la tassa per parcheggiare
25 euro l'anno, la prima macchina, 300 la seconda
In ogni caso, ho il parcometro a un tiro di schioppo e leggo le istruzioni per pagare 'sta benedetta differenza, che ormai, per altro, è salita a quasi due euro: per il pagamento al parcometro, digitare il codice utilizzando la tastiera come quella del telefono cellulare.Per immettere le lettere, digitare fino a far apparire il carattere desiderato.
Niente da fare. Per quanto digiti, non posso procedere con le operazioni.
Rileggo le istruzioni, le seguo alla lettera, ma invano.
Salgo a casa come una furia e mi attacco al telefono.
" deve schiacciare il tasto arancione"- è la risposta.
Replico, chiedendo come faccio a capirlo, visto che, oltretutto, il suddetto parcometro sembra la tavola dei colori, con tutti i pulsanti che ha.
"signora, basta saper leggere"

palline al pistacchio

Alla fine, schiacciando l'arancione, si paga. Sono le 17.19, e ho in mano i due euro e 40 previsti (2 euro l'ora più 20 cent ogni 10 minuti). E invece no, sopresa: 4 euro e 40: perchè, udite udite, con non so quale nuova disposizione, entrata in vigore da non so quando, appena ritardi di un minuto, scatta la multa di due euro.
Capito?
Non è che tu possa regolare in loco, come prima, pagando un suolo pubblico oltretutto già gravato di ogni tipo di tasse. Nossignore. Hai osato non rispettare l'orario? Paghi il dovuto, più due euro di multa, per punizione.
Il problema è che, per quanto mi ci stia scervellando sopra, non ho ancora capito di che cosa dovrei (dovremmo) essere puniti. Nel caso di ieri, per esempio, ero in assoluta buona fede: prevedevo di sbrigarmela prima e se sono arrivata in ritardo di ben 6 minuti non è stato certo per colpa mia. Ma se anche decidessi di pagare un'ora e poi dovessi arrivare mezz'ora dopo, non vedo dove starebbe il problema: pagherei comunque, per tutto il tempo in cui ho usufruito del parcheggio, giusto? quindi, perchè multarmi? perchè trattarmi come un malintenzionato e un delinquente, umiliandomi nella mia dignità di cittadino, di Genovese e di persona?
Per carità, lo so bene che son solo due euro e, anzi, vi dirò di più: se la nostra amministrazione mi chiedesse di contribuire ogni giorno con due euro ad un qualsiasi progetto per migliorare la vivibilità della mia città, io lo farei volentieri. A patto che il progetto venisse attuato senza tante chiacchere e, sopratutto, senza nessuna conversazione intorno a un tavolo, come qui da noi si chiama il de profundis per qualsiasi inziativa sensata. Ma se i due euro sono il prezzo a cui si quotano la mia onestà, il mio senso civico, la mia fatica di amare una città resa ogni giorno più estranea e lontana, allora, se permettete, mi indigno, mi arrabbio, mi infurio e, perchè no?, mi preoccupo anche: perchè se questo è il prezzo a cui si svendono certi valori, non oso pensare a cosa potrà esserci dietro l'angolo. oltre al parcometro, naturalmente: quello, c'è già.


PRALINE DI PISTACCHIO
da La Pasticceria- Biblioteca di Repubblica- L'Espresso, vol. 4

palline di pistacchio alla rosa


300 g di pistacchi sgusciati
30 g di cioccolato bianco
20 g di mandorle macinate
1 cucchiaio di acqua di rose
1 cucchiaio di zucchero semolato

La ricetta prevede di pestare i pistacchi nel mortaio, aggiungendo via via acqua di rose, fino ad ottenere una massa morbida. Io ho fatto tutto nel frullatore, ovviamente. Dopodichè, si aggiunge il cioccolato bianco grattugiato, si amalgama il tutto ocn le mani e si formano tante palline (una ventina, con queste dosi) che vengono fatte rotolare nelle mandorle macinate. Un'ora in frigo, prima di servirle
Buon Appetito
Alessandra



lo famo normale??? mousse al cioccolato

di Alessandra
mousse al cioccolato
Mia mamma ha sempre raccontato che, quando io e mia sorella eravamo piccole, in occasione di un Natale avevamo ricevuto così tanti regali che lei e mio papà ne avevano fatto due file che, dai piedi dei nostri lettini , si snodavano per tutta la casa, fino ad arrivare a sotto l'albero. Tempo due ore, giocavamo con le scatole, i giocattoli dimenticati chissà dove, sotto gli sguardi attoniti dei nostri genitori a cui , come ebbero a dire infinite volte da allora, "avevamo voluto dir loro qualcosa". Che cosa, non l'ho ancora capito adesso, ma siccome non mi andava di rovinare l'effetto finale della narrazione, mi son sempre tenuta 'sti dubbi per me, godendomi il superfluo dei Natali successivi (Pasque, compleanni e onomastici inclusi)
Ieri pomeriggio, sono andata a far la spesa. Il frigo piangeva, la dispensa non era messa meglio, avevo pure un'ora libera, insomma, le condizioni per scatenare la "fudblogga"che c'è in me c'erano tutte. E così, ho iniziato a curiosare fra tutti i banchi, sfogliando mentalmente archivi e sacti testi, in attesa della folgorazione, avvenuta nientemeno che davanti a una montagna di patate novelle. Che, a casa mia, vogliono dire roast beef all'inglese. E così, in vile spregio della fava tonka e del grano arso, la cena di ieri è stata la roba più normale che mai abbia prodotto in questi ultimi anni- e meno che mai da quando ho il blog.
Non solo hanno mangiato tutto, senza storie- ma hanno anche lanciato spontanei peana verso il cielo: questa cottura della carne è perfetta (20 minuti a 200 gradi), queste patatine sono la fine del mondo (dritte in teglia, olio burro timo e sale), faccio un po' di puccetta con quest'ottimo pane (bianco) in ques'ottima salsina (il sugo naturale del roast beef). In più, ho riordinato la cucina nel tempo record di 5 minuti, senza neppure bisoogno di lavare per terra. Che anche a me, si voglia insegnare qualcosa??????
MOUSSE AL CIOCCOLATO
(senza tuorli)

mousse al cioccolato

da Cioccolato- Le Cordon Bleu
per 6 persone
140 g di buon cioccolato fondente
3 cucchiai di zucchero
2 chiare d'uovo
1 foglio e mezzo di colla di pesce
1 cucchiaio di caffè istantaneo
500 ml di panna

Due o tre cose sugli ingredienti
Per "buon cioccolato fondente" a casa mia si intende un cioccolato con una percentuale di 70-max 72%di cacao. Non al di sotto.
Il caffè è facoltativo: a noi non piace, quindi o la prepariamo liscia, oppure con del liquore (Cointreau, Whisky, meno spesso Rhum). Nulla vi vieta di aromatizzarla come volete, anche con le spezie (pepe bianco e cardamomo su tutte)
la gelatina si può omettere. Io la uso solo se la mousse mi serve per farcire qualche torta: in quel caso, ho bisogno di consistenze più stabili: altrimenti, no.
Gli albumi: anche tre e sempre montati con il metodo della meringa italiana

Metto il mio procedimento, con tante scuse a Monsieur Le Cordon Bleu
Con i 3 cucchiai di zucchero, preparo uno sciroppo: grosso modo con 100 ml d'acqua e faccio addensare. E' importante che sia ben denso, perchè sennò gli albumi si smontano
In contemporanea, sciolgo il cioccolato a bagnomaria
Poi monto la panna, che incorporo, a cucchiaiate, al cioccolato fuso, facendo attenzione a che non smonti
Monto benissimo gli albumi e poi, sempre montando, aggiungo lo sciroppo leggermente intiepidito, fino ad avere una meringa lucida. di nuovo, incorporo alla mousse.
Se devo aggiungere la gelatina, la faccio sciogliere in due cucchiai di panna liquida: lascio raffreddare e poi aggiungo al cioccolato fuso, mescolando bene.
Se uso un liquore per aromatizzare, uso quello come liquido per sciogliere la colla di pesce.
Qualche ora di riposo in frigo- ed è pronta
ciao
Ale

martedì 20 aprile 2010

DEL FUROR D'AVER LIBRI (APRILE)

 Libri comprati

Brendan O'Carroll Agnes Browne Mamma (requisito dalla figlia, già a pag. 100 e qualche cosa: giudizio: in quello di prima, c'erano storie serie, scritte in modo comico; qui ci sono storie comiche, scritte in modo comico. Pare che a pagina 100 si pianga, di più non ho carpito)
Fred Vargas: Prima di morire, addio- Einaudi, 16.50. Ambientato in Italia- o meglio, nella Città del Vaticano, senza Adamsberg ma con personaggi del tutto nuovi
Gianrico Carofiglio- Una notte a Bari- Laterza, 10,00 David Safier- L'orribile Karma della formica. Sperling &Kupfer, 17.90 Laurence Cossè, La libreria del buon romanzo, edizioni e/o, 18.00 Giuseppina Torregrossa, Il conto delle minne, 18.50 Hermann Koch, la Cena, Neri Pozza, 16,00 Christopher Isherwood, Un uomo solo, Adelphi, 16,00 Eva Cantarella, Sopporta Cuore- la scelta di Ulisse (Laterza, 10,00- per la creatura)

Su Mondadori, Laterza, Adelphi e qualche altra casa editrice c'è lo sconto del 25 %

Due note veloci
Sta per scadere il termine della lettura collettiva: l'ho spostato al 21 di aprile (Natale della Dani, estote parati) perchè martedì sono a Cremona e presumo di tornar tardi. Honni soit qui mal 'y pense, perchè lo slittamento della data non ha nulla a che vedere con il tardivo acquisto di Un Uomo Solo. E' che io mi riduco sempre all'ultimo e stavolta non ha fatto eccezione. Va da sè che non lo confesserò mai, neppure sotto tortura, e dirò semmai che l'ho fatto per non farmi tentare dalle domande con cui state tentando di carpirmi un giudizio- dalla posta privata a via venti settembre.
all'altra domanda che fate- e cioè il cosa faremo- provo a rispondere qui. Pensavo di fare così- e poi ditemi se siete d'accordo. Comincio io, ma con l'essenziale, ossia dicendo solo ciò che del libro mi ha colpito di più, in positivo o in negativo. Dieci righe in tutto, tanto per darmi un termine. E poi si va avanti. L'appuntamento è per le 20.00, così riusciamo ad arrivarci tutti, ma il post, naturalmente, non si chiude, anzi: lo mettiamo in HP, così da poter intervenire ogni volta che si vuole, con contributi, botte e risposte. Va da sè che, essendo la prima volta, sarà un esperimento: se va bene, ok, e sennò miglioreremo via via

Cosa sta andando bene sono invece i consigli e gli sconsigli, tanto che pensavo di pubblicarli di settimana in settimana, al mercoledì (così, abbiamo anche tappato la serata libera del blog: lunedì cartolina, martedì rece, mercoledì consigli&sconsigli, giovedì cartolina, venerdì del furor). Voi continuate così, che va benissimo. Anzi, sugli sconsigli siete perfetti....

Sto leggendo- a rilento, purtroppo, con immenso rammarico- Strane Creature di Tracy Chevallier. Cercherò di parlarvene meglio il prima possibile, ma è davvero un romanzo di gran classe. La mia copia ha pure la dedica dell'autrice, la qual cosa mi esalta ancora di più.

Besos
Ale

domenica 18 aprile 2010

Una serata...."vulcanica"....

di Alessandra

DSC_0641



Mi scuso con i lettori del solo blog, perchè questo post somiglia molto di più ad una niusletter: tanti fatti miei e pochissime ricette. E metto anche le mani avanti con "quelli della nius"- che intanto domani qualcosa di nuovo vi tocca comunque, perchè figuriamoci se qui si sta 24 ore senza che succeda niente di strano. Solo che quello che ci è capitato ieri non può aspettare fino a domani e io oggi mi sento un po' come il servo di Re Mida, che aveva svelato al canneto il segreto delle orecchie d'asino del suo padrone: in altre parole, bisogna che lo racconti....

zabaione al cointreau

Sintetizzo l'antefatto: una mia amica cura l'Ufficio Stampa di una importante Associazione musicale genovese e, durante un caffè, sentendo che la sera stessa deve accompagnare il concertista di turno al ristorante, non riesco a trattenere l'anima di P.R. che è in me (Pranzi & Rinfreschi) e mi aggiudico l'evento successivo: una pianista russa e un violoncellista coreano per un cocktail da me il sabato dopo.
Vale a dire ieri.
Naturalmente, inizio a carburare il giovedì ma, al sabato mattina, ci sono una spesa fatta, un menu semi preparato e un denutrito parterre di ospiti per una serata che si annuncia come lieve ma intensa, moderatamente mondana, disinvoltamente internescional, insomma, la classica serata perfetta.

palline di pistacchio alla rosa

La prima delle ferali notizie è arrivata dal parrucchiere: la pianista è bloccata a Londra dalla nube del vulcano. Il violoncellista, però, da buon orientale, arriva.
Che arrivi in treno, però, lo sappiamo alle cinque della sera, a due ore dall'inizio del cocktail, quando praticamente è tutto pronto. La mia amica è mortificata, ma di alternative non ce ne sono: l'ubi maior sono il concerto, la concentrazione, il riposo e, per quanto comodo sia il vagon lit della linea Saigon - Genova, due ore in più di sonno sono esiziali, in questi casi.

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Il tempo di spegnere il mio cellulare, ed il marito si era già attaccato al suo, reclutando le truppe cammellate dei Palati Fini che, dando prova di commovente fedeltà alla tovaglia, ora facevano brusche inversioni dalla via che li portava a cena dalla suocera, ora rinunciavano impavidi al riciclo avanzi con i vicini di casa, ora resistevano alle tentazioni del frigo pieno di yogurt allo 0,0000000001%di grassi e si presentavano tutti puntuali sulla soglia di casa nostra.

Fin qui, tutto normale. Cioè, non è proprio all'ordine del giorno che un cocktail venga cancellato all'ultimo momento ma, se ciò avviene, è altamente probabile che si recuperi qualche amico per tamponare il danno. Quello che normale non è, invece, è il timore- anzi, no: l'agghiacciante terrore- che avevo io, di fronte alle reazioni dei nostri amici al menu della serata.

mousse al cioccolato

Passo indietro. L'aulico titolo di Palati Fini appartiene ad una nobile et ristretta cerchia di amici che da anni si piegano a fare da cavia a tutti gli esperimenti culinari della sottoscritta. Non ho mai capito che cosa ci sia dietro a questa perseverante acquiescenza- se sincero amore per la buona tavola o sincera compassione per me- oppure appetiti insaziabili che li spingono ad ingozzarsi di tutto, alla faccia della minima funzionalità delle papille gustative: di fatto, però, ogni cena con loro significa in automatico qualche proposta innovativa dalla cucina. Che sia buona o cattiva, è secondario. L'importante è che sia nuova.

Se non chè, vista la nazionalità degli ospiti, ieri sera c'erano pizzette e trofie al pesto.
Un'ignominia.
E come se ciò non bastasse, le trofie erano comprate e- ignominia delle ingominie- il pesto PURE.
Praticamente, mi sarei giocata la carriera in due mosse. Pizzetta/Troffia al pesto/ Scacco matto.

americano solido

La prima ad arrivare, neanche a dirlo, è stata la Cecilia. Che, neanche a dirlo due, è entrata, è andata dritta in cucina, si è tolta la giacca e si è assisa sullo sgabello, non prima di aver addentato una delle pizzette pronte ad entrare nel forno.
"che schifo!!!"
Ci siamo: detto da lei, che è una specie di Packman vivente, equivale a una condanna senza appello.
"sono fredde!!!"
Gliene passo una calda e, quando arriva alla terza, senza proferir parola, inizio a pensare che, se ben mimetizzate con il resto degi appetizers, le pizzette riesco ad imboscarle. Anche perchè nel frattempo la Cecilia attacca la quinta e se gli ospiti ritardano, magari riesce pure a farsele fuori tutte.
Il problema è il piatto caldo. Quello, non lo mimetizzo per niente. Non ho alternative, non ho altri ingredienti, non ho le forze per cucinare daccapo qualcosa di nuovo. Però, penso, non sono mica Palati Fini per niente. Cioè, intendo dire: anche a loro, di mangiarsi le solite trofie al pesto, cosa vuoi che gliene possa importare? Con tutte le altre cose che ci sono...
Glelo dico
" Sentite, prima di aprire le danze: io di là ho tre chili di trofie del pastaio, ma le avevo prese solo per gli ospiti, capito, una russa, un coreano, mica potevamo fargli i blinis o le polpette di granchio, giusto? solo che non so se sia il caso di buttarle, cosa dite, lasciamo stare?"
Silenzio
"Fra l'altro, c'è un'insalata di farro strepitosa, tutta con prodotti del territorio, una figata immensa, poi il farro riempie, a volte è anche un piatto unico...."
Silenzio. Tacciono pure le taglie 38/40.
" Non so... dite voi...."
Dal fondo, il primo assist
" Magari ne buttiamo due per i bambini..."
"Ma fai anche tre, guarda..."
"Anche quattro..."
Due chili. E, quel che è peggio, che si sono infilati tutti in quel buchetto che altrove si chiama coriandolo e a casa mia si chiama cucina, per controllare che le buttassi davvero. E le scolassi al punto giusto. E le condissi come si deve. Fingendo di chiacchierare dei massimi sistemi, ovviamente: " come avrai letto nell'ultimo articolo di... un po' più di sale....d'altronde, con questa crisi, gli scenari non son poi mica tanto... secondo me son cotte... che poi bisogna vedere la maestra... senti , Ale, piglia un po' 'sto Parmigiano e mettilo in tavola con la grattugia, su, che c'abbiam fame..."
Superfluo aggiungere che non sia avanzato nulla, scarpetta nel pesto compresa. L'unica che, fedele alla linea, si è astenuta, è stata mia sorella. Che però si è fatta fuori una cinquantina di pizzette, bontà sua....

Il resto, nei prossimi giorni
ciao
Ale